Ho avuto la fortuna di vivere la Thailandia, l’India e il Nepal e da ogni terra ho imparato moltissimo.
La Thailandia mi ha insegnato il rispetto per le spezie, l’uso delle radici, mi ha spiegato il difficile equilibrio tra il dolce e l’aspro che bilanciandosi scatenano sapori incredibili. Mi ha iniziato alla pazienza, alla lentezza e mi ha regalato il dolce ricordo del sapore del latte di cocco.
Qui ho compreso le radici del curry e le sue differenti preparazioni, a secco o in pasta, e la difficile arte dell’uso del coriandolo.
Non scorderò mai la sensazione di mangiare una zuppa bollente sotto il sole cocente della Thailandia.
Ho servito gli indiani in un Ashram condividendo le loro abitudini, i loro compiti e i loro pensieri. Durate il Navaratri, una festività lunga 9 giorni in cui è consentito mangiare una sola volta al giorno, in piatti di foglie, con le mani.
Per l’occasione io e altri ragazzi italiani abbiamo preparato i panzerotti, adattando gli ingredienti necessari alle materie prime locali e impastato il Puri: frittelle di pane senza lievito preparate con farina integrale.
Per quel pasto comune la gente arrivava dai villaggi che costeggiano il Gange, sulle montagne che confinano con il Nepal e aspettava pazientemente il proprio turno: prima i religiosi, poi i bambini, le donne e quindi gli uomini.
Anche le scimmie grigie partecipano al banchetto: scendevano dai pendii rocciosi aspettando fiduciose i nostri avanzi.
Se penso al Nepal e ai suoi sconfinati orizzonti mi torna alla mente il sapore dei Momo: deliziosi ravioli tradizionali e diffusissimi a base di verdura e di carne che ogni madre cucina a modo suo accompagnando il ripieno al montone, o al pollo o alle patate con le note piccanti o agrodolci delle salse e con i sentori di aglio e di zenzero, di cumino e coriandolo che riempiono la stanza durante la cottura al vapore.